10.000 cose fatte male,
9.999 meravigliosi fallimenti, 1 vita felice.
A cinque anni volevo fare l’addestratore di cani, ma vivevamo in un appartamento, e quando a Natale chiesi un cucciolo, mio padre mi regalò una scatola di meccano (lui era un ingegnere, era fatto così).
A dieci anni volevo un videogioco, e a Natale chiesi un Sega Master System. Mio fratello me lo rubò e non ci giocai mai, prendendo tante botte da lui ogni volta che lo accendevo di nascosto in camera sua.
A dodici volevo uno skateboard, lo comperai con i miei soldi (quelli che non mi rubava mio fratello) e incontrai un mondo meraviglioso e solo mio (finalmente).
A quattordici anni i miei mi iscrissero a una scuola di grafica: lì fumavamo tantissimo e ascoltavamo punk, finché mi comperai un basso iniziando a lavorare per suonare con i miei amici. In quell’anno scoprii le donne e nei successivi trenta mi interrogai sulla loro natura scrivendo piazzate da disperato in svariati blog che ho disseminato nella rete.
Oggi di tanto in tanto suono ancora, ascolto le stesse band di quando avevo quattordici anni (Bad Religion su tutte), ho insegnato a mio figlio ad andare sullo snowboard e con lui gioco con la Playstation.
A 46 anni mi sento il più vecchio teenager mai esistito, insomma.
Mi chiamo Francesco Dal Santo (ma va?), sono nato a Venezia il 24 maggio 1977. Mia madre era una professoressa di lettere, e maledico ogni singolo giorno in cui ho ignorato tutte le volte che lei mi ha detto quanto fossi bravo a scrivere.
Certo, come si suol dire, “Ogni scarrafone è bello a mamma sua”, ma se come sono convinto nulla accade per caso, potrei quasi dire che se era destino che io finissi a pubblicare libri, ogni singola volta (o quasi) ho bellamente ignorato questa sorte, provando un po’ di tutto.
Questo, per logica deduttiva, mi porta a constatare quanto nella vita io abbia fatto diecimila cose fatte male, ripromettendomi tuttavia che se una di queste mi fosse riuscita un po’ meglio, avrei provato a farla bene.
Un approccio sbagliato? Forse sì, ma secondo me no (Ma va?²). Credo fermamente che di quello che si sceglie di fare della propria vita, l’importante sia essere felici alla fine della giornata.
Quindi, che si tratti di destino manifesto, di successi annunciati, di talento sprecato o di futili tentativi, l’importante alla fine è provarci credendoci davvero: che alla fine vada bene o meno, a quel punto qualsiasi tentativo sarà stata una meravigliosa perdita di tempo.
Io sono Francesco. Benvenuti nel mio sito.